Architettura bioclimatica

La storia dimostra che il clima ha sempre ricoperto un ruolo fondamentale nel costruire, ne sono esempio le più diverse forme di architettura spontanea, pensate e sviluppate in funzione delle diverse tipologie di clima.

Successivamente alla rivoluzione industriale è invece prevalsa l’assurda convinzione che gli edifici potessero essere costruiti indistintamente con identiche caratteristiche per qualsiasi condizione climatica, assegnando esclusivamente agli impianti il compito di realizzare le condizioni di benessere all'interno degli ambienti.
La crisi energetica degli anni settanta ha, però, indotto ad un ripensamento sulla necessità di correlare i caratteri tipologici e tecnologici degli edifici con le caratteristiche climatiche del sito e con l'uso di risorse energetiche rinnovabili: infatti a partire dalla fine degli anni '70 l'utilizzo dei criteri bioclimatici è stato oggetto di un'ampia stagione di sperimentazione a livello europeo.
Questa sperimentazione, che ha coinvolto un numero elevato di progettisti ed operatori dell'edilizia e del mondo dell'università, ha avuto il grande merito di produrre un ripensamento metodologico, recuperando le regole antiche del costruire legate al microclima locale e ad altre risorse locali disponibili, ponendo fine ad una cultura progettuale dissipativa.
L’architettura bioclimatica ha, quindi, come obiettivo la realizzazione di edifici energeticamente efficienti, adatti a soddisfare al meglio le esigenze fisiologiche degli utenti, mediante lo sfruttamento equilibrato delle potenzialità naturali del contesto ambientale, dei fattori climatici del luogo e dei materiali impiegati.

Più nel dettaglio, gli edifici bioclimatici sono opere architettoniche che oltre ad esplicare la loro funzione tradizionale, sono anche in grado di assolvere funzioni energetiche, ossia quelle di captare, accumulare, conservare e restituire l'energia termica trasportata dai raggi solari o da altre fonti passive di energia termica; è un'architettura attenta all’ambiente circostante, al percorso del sole ed alla direzione dei venti dominanti, all'ubicazione, all'orientamento ed alla forma dell'edificio, alla compattezza o articolazione dei volumi, il tutto in un rapporto simbiotico tra contenuto e contenitore, tra le caratteristiche distributive degli spazi interni e l’involucro edilizio.

Altro obiettivo dell'architettura bioclimatica è quello di raffrescare naturalmente gli edifici, a mezzo di tecniche di espulsione del calore indesiderato verso dissipatori di calore ambientali (aria, cielo, terra e acqua), mediante un attento studio delle caratteristiche distributive e planovolumetriche degli ambienti, oltre che l'analisi della forma, del dimensionamento e dell'ubicazione delle aperture e, comunque, con l'ausilio di metodi naturali di trasferimento del calore.

In definitiva, oggi ancora più che in passato (2014 anno più caldo mai registrato a livello mondiale dal 1880), l'applicazione dell'architettura bioclimatica si rivela indispensabile per rendere gli edifici “sempre” efficienti dal punto di vista energetico, poiché capaci di adattarsi ai futuri cambiamenti climatici e alle diverse condizioni di temperatura e umidità dell'aria.

Adattamento dei testi tratti dal sito www.0-co2.it per gentile concessione dell'Arch. Conterio